martedì 29 marzo 2016

Quanto lo facciamo lungo ‘sto pi greco?

E come disse il mio prof di matematica già iscritto a scienza coatta più di 30 anni fa: “Regà quanto vale pi greco?”
Alla risposta: “3,14”
“A regà con 3.14 ce poi calcolà la circonferenza der cocomero, pe annà sulla luna ce vole altro 3,14159 26535 89793 23846 26433 83279 50288 41971 69399 37510 58209 74944 59230 78164 06286 20899 86280 34825 34211 70679…”
Valerio Bocci, Nobel acceptance speech, Stockholm, 2035.

Pi greco è il rapporto tra la circonferenza e il diametro del cerchio. È un numero irrazionale (non può essere scritto come frazione) e trascendente (non è soluzione di una equazione algebrica come \sqrt{2}\cdot X^2=2). È greco  perché fu nell’antica Grecia che ci si interrogò sulla natura di questo valore, anche se egizi e babilonesi avevano già trovato formule approssimate.  

Nonostante sia composto di infinite cifre dopo la virgola, pi greco può essere calcolato come somma infinita di vari numeri. Una di queste è quella di Leibniz:
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ossia se vi accontentate di un quarto di pi greco basta sommare a segni alterni gli inversi di tutti i numeri dispari.  Oppure moltiplicate tutti i numeri pari e divideteli per tutti i numeri dispari, elevate al quadrato e avrete mezzo pi greco. Al di là delle dimostrazioni algebriche, questo assieme alla meccanica quantistica e all’energia oscura dimostrano che l’universo e/o chi lo ha creato ha un senso dello humor molto discutibile.  
Vi è poi una gara a chi calcola più cifre di pi greco, al momento il record dovrebbe essere13.3 fantastiliardi  (sic.) 13.3 trilioni di cifre. (A chi  potrebbe obiettare che sia una attività discutibile, rispondete che è meglio che prendere 22 umani e far tirare loro calci a una cosa che non è neanche una sfera  ma un icosaedro tronco ma paffuto).
Quindi quante cifre di pi greco vengono usate nelle applicazioni pratiche? 2, ossia il classico 3.14,  per la circonferenza del cocomero, e 15 – 16 per le applicazioni spaziali, soprattutto del GPS, che richiedono misure di tempo così precise da dover tener conto anche degli effetti della relatività generale.
E per andare sulla Luna? Il programma Apollo fu l’unico programma spaziale che abbia portato l’uomo non solo su un altro corpo celeste ma ben oltre i miseri 400-600  km dell’orbita bassa, sul finire degli anni Sessanta. I computer erano a memorie di ferrite: immaginate una cotta di maglia in cui ciascun anello rappresenti un bit e – seppur estremamente affidabili e allo stato dell’arte per l’epoca – aveva risorse molto ridotte. Ciascun numero (word) era immagazzinato a 16 bit, con una capacità di memoria di 2048  valori. La memoria di massa (36864 words) era costituita da una serie di fili che – se passavano all’interno di  in un anello di ferrite valevano uno e  se passavano all’esterno valevano 0. Qui un video su come veniva intessuta la memoria.
Core rope memory (prototipo) da wikipedia
Core rope memory (prototipo) da wikipedia
Vi erano due computer identici nella missione Apollo, uno per il modulo di comando (che comprende la capsula in cui gli astronauti partivano e tornavano sulla terra) ed uno per il LEM (quello che allunava): non avevano tastiera o monitor, solo un tastierino numerico per inserire i comandi (nella forma VERBO/ ad esempio “dammi”  NOME/ ad esempio “la velocità”) ed un display a LED per visualizzare la risposta.

Il computer dell'Apollo
Il computer dell’Apollo
Vi sono alcuni simulatori che riproducono il funzionamento di questa fantastica macchina. Qui vi è anche il codice sorgente che rivela come  il valore di pi grevo per andare sulla luna fosse: 3.14159266, ossia con 8 cifre decimali.
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Questo post è stato ispirato da una discussione con il sopracitato Valerio Bocci su quante cifre di pi greco servissero per andare sulla luna.  Valerio lavora all’INFN e al CERN  ha ideato e progettato elettronica e sistemi di acquisizione  per i più grandi esperimenti di fisica delle particelle degli ultimi 25 anni, recentemente con il suo gruppo ha realizzato un rivelatore di particelle didattico basato sulla scheda scheda arduino due

Immagine di copertina: mosaico all’Università Tecnica di Berlino (wikimedia commons) (ribloggato da scientificast.it )

venerdì 11 marzo 2016

Cinque anni dall'incidente di Fukushima

IMG_7675_Oggi ricorre il quinto anniversario del terremoto del Tohoku, nel nordest del Giappone e del successivo incidente alla centrale di Fukushima. Riassumiamo qui la situazione attuale rimandando ai vari articoli in cui è stato trattato questo tema nel corso degli anni:
  • Anche se sono stati classificati con lo stesso grado di gravità, i danni all’ambiente sono inferiori a quelli dell’incidente di Chernobyl, dove il reattore è invece rimasto scoperto.
  • Nessuno è morto a causa delle radiazioni, anche se di recente la TEPCO ha ammesso che migliaia di lavoratori sono stati esposti a più dei 20 mSv/anno previsti dalla legge e centinaia a più di 100mSv. Per fare un paragone, una TAC a tutto il corpo ci espone a 5mSV, in un anno a Roma siamo esposti a 2.8mSv. Fumando 2 pacchetti di sigarette al giorno siamo esposti a 110mSv/anno per via del Polonio 210 contenuto nel tabacco.
  • A Tokyo  la radioattività è più bassa (0.1microSv/ora) che  a Roma (0.32microSv/ora). Per confronto, in aereo siamo esposti a 2microSv/ora e gli astronauti nello spazio a circa 300microSv/ora.
  • Il cibo è controllato con una soglia draconiana di 100 Bq/kg, ossia non sono ammessi più di 100 decadimenti al secondo di cesio per kg di materiale. Per confronto le banane hanno 125 Bq/kg di potassio e le noci del brasile 600  Bq/kg.  
  • Tutte le scorie debolmente radioattive, migliaia di silos d’acqua utilizzata per il raffreddamento dei reattori e centinaia di migliaia di sacchi contenenti la terra superficiale della regione andrebbero dispersi nell’oceano che contiene miliardi e miliardi di volte più materiale radioattivo (potassio 40 e carbonio 14). L’unica spiegazione per cui nessuno vuole prendersi la responsabilità di questa decisione è il timore di risvegliare Godzilla.
  • La centrale è in sicurezza. Tre nuovi gusci in cemento armato proteggono quel che resta degli edifici dei reattori (nei quali è ancora impossibile entrare per i livelli  mortali di radiazioni) e le barre contenute nella piscina del reattore 4 sono state rimosse. Ai circa 20000 morti dovuti allo tsunami  se ne aggiungono – secondo un rapporto del governo – circa 1500 a causa dell’incidente alla centrale nucleare. Parte di essi sono persone anziane o malate, frettolosamente evacuate nei primi giorni dell’incidente, ma molti sono dovuti ai suicidi di chi ha perso la propria casa e la propria fonte di lavoro, soprattutto agricoltori e allevatori.
  • Prima dell’incidente il Giappone dipendeva dal nucleare per circa il 30% del suo fabbisogno energetico. Con lo spegnimento di tutti i reattori questo fabbisogno è stato coperto da ulteriori importazioni di combustibili fossili, raddoppiando circa – complice uno yen debole – il debito pubblico del paese.
  • La TEPCO, per far fronte ai costi della messa in sicurezza della centrale e dei rimborsi che centellina a chi è stato sfollato o ha perso il lavoro, ha aumentato il costo della corrente del 7% nei primi anni.

(post condiviso su www.burogu00.it e scientificast.it)